Sinfonia n. 5 in do diesis minore
Gustav Mahler

La fanfara della tromba che apre la Quinta Sinfonia non è un incipit qualsiasi: è l’evocazione del mondo caro all’infanzia di Gustav Mahler, un richiamo lontano della caserma e dei militari che sfilavano a passo di marcia davanti alla casa dei suoi genitori a Kaliste, in Boemia. La “Quinta” fu composta tra il 1901 e il 1902, nel pieno di una svolta biografica: nel novembre 1901 Mahler conobbe la figlia di un illustre pittore viennese, l’incantevole e intelligentissima Alma Schindler (“la donna più bella di Vienna”, si diceva) che sposò nel marzo dell’anno successivo. La fama di questa sinfonia è stata alimentata dal cinema, grazie all’uso magistrale che Luchino Visconti fece dell’Adagietto nel film “La morte a Venezia”. Affidato ai soli archi dell’orchestra, su un accompagnamento discreto dell’arpa, questa isola di luce si staglia come un momento di raccoglimento e di oblio dalle cose del mondo, per cedere poi il passo a un finale di potente eloquenza visiva, ambiguamente trionfale. Bruno Walter, forse il direttore che conosceva più da vicino l’universo mahleriano, diede la miglior definizione della sinfonia, «musica appassionata, selvaggia, piena di pathos, briosa, solenne, delicata e piena di tutte le sensazioni dell’anima umana».

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